Spanish Revolution

Dopo molte resistenze ho ceduto al senso di responsabilità verso la Storia che ci scorre tra le gambe e mi sono intrufolato tra i giovani rivoluzionari di Plaza Catalunya, a Barcellona. Mi sforzerò di scrivere un post non eccessivamente reazionario, ma non sarà facile. I giovani pare abbiano rispettato le consegne della Giunta elettorale spagnola e, durante la giornata di riflessione che precede le elezioni amministrative di domani, non si sono dispersi, ma hanno guardato silenzio. Certo, bisogna intendersi sul concetto di silenzio, perchè io di bonghi e caceroladas (colpi ossessivi contro pentole di metallo), ne ho sentiti parecchi. La Piazza era piena, ma non tracimava sulle vie laterali. 8.000 secondo la questura, 20.000 secondo i manifestanti (tutto il mondo è paese). Fonti affidabilissime mi assicurano però che per il concerto di Manu Chao ce n’era almeno il quadruplo. Ma non ci si fermava a dormire. In ogni caso, per un paese molto meno piazzaiolo dell’Italia, si tratta senz’altro di un successo. La polizia si è mantenuta al margine, qualche strada più in là, con i blindati che attendevano chissà quale ordine, che poi non è arrivato. Forse si sperava nell’apocalisse. Nessuno comunque si è messo ad urlare smandibolando schiuma. Nessuno ha ceduto alla tentazione di fare ‘Fiessssstahhhhh!’. Forse solo qualche ammerigano in vacanza o in erasmus o quel che è. Molte rose fra i capelli, cucina da campo (perchè alla rivoluzione si va mangiati) e gente in maschera. E ragazze, come sempre, bellissime. In generale, mi pare di poter dire che le rivoluzioni le determinano le polizie e gli eserciti. Questa simpatica e pacifica piazza, infatti, se lasciata manifestare indisturbata, non potrà che trasformarsi nell’ennesima attrazione turistica del centro. Molti striscioni esposti ne tradivano già il timore: “Non guardarci, unisciti!“. Almeno un terzo dei presenti era in effetti lì per scuriosare, sbirciare qualche scollatura e miscelare alcolici scadenti. “Questo non è un botellón!“, assicuravano preoccupati i pochi oratori inascoltati ed inascoltabili (per ragioni tecniche e di decenza) dal palchetto allestito in mezzo alla piazza. Senza uno sgombero, una reazione autoritaria ed inammissibile da parte dello Stato, che legittimi la parola rivoluzione, questi giovani se ne torneranno presto a casa loro, convinti magari di aver fatto un ’68. E purtroppo sarà anche vero, nel senso che poi diventeranno come Red Ronnie. Tra gli slogan più riusciti: “Dov’è la sinistra? In fondo a destra”. Ma c’è anche chi inneggia al “Pueblo unido, che jamás será vencido“, che gridato con la pronuncia e l’accento giusto può ancora suscitare un sincero brivido presso generazioni fortunatamente immuni dagli Intillimani. I tipici ‘pakibeer‘, i pakistani che vendono le lattine di birra Estrella ad un euro, sono una delle componenti sociali più rappresentate. Senz’altro progettano la destabilizzazione dell’occidente a colpi di lattine molotov. Incidenti comunque non se ne sono visti, a parte un piccolo capanello di persone che ha accerchiato un paio di infiltrati del servizio segreto libico che, approfittando della ressa, serpeggiavano fra la folla smazzando i culi delle giovani rivoluzionarie. L’igiene, personale e civica, non è rivoluzionaria, si sa. L’odore di piscio era più pungente del solito, in una città che scorre sulla birra. Il movimento spagnolo, a grandi linee, si nutre principalmente ed inevitabilmente dell’anarchismo strutturale che anima da sempre tutte le forme antagoniste di questo paese, incoraggiate, certamente, da una legge elettorale ad escludendum che alimenta l’astensione. Non mi pare però che, per ora, ci sia una gran voglia, o possibilità, di reale partecipazione, quanto piuttosto di visibilità e di autoriconoscimento generazionale. Ci si conta. E’ comunque un passo avanti, ma il caos, al momento, regna ancora sovrano. Ecco, più che Grillo, il riferimento italiano per la Spanish Revolution, attualmente potrebbe essere il Pisapia in salsa Forzaleghista. Il Pisapia matto che regala la città ai centri sociali, il Pisapia che rulla con il fumo degli altri e non la passa neanche.

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Una risposta a Spanish Revolution

  1. Telebolla ha detto:

    Mi stai dicendo che le proteste in Spagna sono causate dal famigerato Effetto Pisapia?

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