E’ un sabato mattina di ottobre, mi trovo a Sassuolo, due anziane signore mi precedono ed attendono il periodico controllo della pressione dentro la farmacia. Devo prenotare un paio di esami conto terzi. Entra un uomo elegante e distinto, salta la fila e con grande affanno mostra al farmacista un paio di foruncoli sull’avambraccio destro. L’uomo si dichiara vittima di una fantomatica infezione epidemica di natura africana, della cui esistenza è venuto a conoscenza grazie ad una rivista che non esita ad identificare in ‘Focus’. Il camice bianco domanda: ”Ma lei si è recato ultimamente in Africa subsahariana?”. Il distinto avventore in tutta onestà replica: “Mai stato in Africa in vita mia”. Il farmacista lo invita dunque a non preoccuparsi inutilmente. Si tratta con tutta probabilità di un comunissimo sfogo epidermico. La transazione si chiude con la consegna al malato immaginario di ciò che egli stesso definisce come “il solito”: una bella confezione di barbiturici a marca Roche, che ho visto spesso consumare in gioventù dai miei amici tossicodipendenti, durante le frequenti crisi di astinenza. Ancora divertito, esco dall’esercizio e mi porto verso il sito dove ho parcheggiato la mia utilitaria nipponica, quando ad un tratto mi trovo investito dallo stesso clima ipocondriaco che mi ero appena lasciato alle spalle: Matteo Renzi parla in città.
Renzi non piace. E non già perchè si abbia la quasi certezza che sia un grandissimo pezzo di merda. Caratteristica peraltro assai gradita ai nostalgici della doppiezza togliattiana. Ma perchè, anche come pezzo di merda, non convince. Puppato, nel dibattito primario, attribuisce a Brunetta la sfortunata frase sui bamboccioni. Renzi si volta verso Vendola e domanda dubbioso: ”Ma non era Padoa Schioppa?”. Il governatore pugliese annuisce e lo rassicura. Al successivo intervento il Renzi smerda Puppato senza pietà. Che va bene, per carità. In politica le carogne servono. E’ l’assenza di sostanza che rende quello che sarebbe un gran bel pezzo di merda, un’inutile scorreggia.
La fauna che accorre ad ascoltare il giovane turco è presto riconoscibile: il cognato di quella pitocca che dispensa improbabili ricette alla televisione, il figlio del direttore del gruppo RCS, quell’elegante ed infallibile analista politico un tempo noto come ‘Molotov e Champagne’, e diversi quadri locali, che fanno il paio con l’inner circle del nostro eroe, fatto di ghost writers marcati Finivest, senatori, come Morando e Tonini, con almeno cinque legislature alle spalle, amministratori locali non più spendibili e giudicati con sentenza inappellabile dal verdetto pronunciato dalle urne, saltimbanchi dello spettacolo, padroni di stampo ottocentesco e via discorrendo. L’affresco richiama i lavori più intricati e dettagliati del maestro Hieronymus Bosch, tra l’altro mia grande passione, in cui la sconfinata pletora di lecchini ed opportunisti al seguito del protagonista appare come un plotone armato, che mi ricorda inesorabilmente i vigilantes all’entrata dei grandi impianti industriali o la paradossale presenza di piantoni e sentinelle con tanto di baionette a presidiare gli ingressi delle caserme, anch’esse piene di fanti armati. A cosa cazzo servono queste figure? Semplice…. A tener fuori la logica…. Sia così di Renzi.
La sala, si diceva, è come il paese: esaurita. Gli esclusi inveiscono come se avessero perso il posto letto al Getsemani. Ne approfitto quindi per intrattenermi con un vecchio compagno estromesso dal matinèe. Dopo il primo solito scambio di qualunquistiche opinioni politiche, il discorso entra nello specifico, coinvolgendo l’istrione toscano ed il glossario di puttanate che lo spettacolare amministratore ha prepotentemente inserito nel dibattito degli ultimi mesi. Lo sconforto mi assale. Ormai anche il più attempato componente di quel fantomatico “popolo della sinistra” ha abbracciato la modernità puttana e se ne fotte di un secolo di conquiste operaie, oggi vilipese. Poco male, direi, siamo in tanti a fottercene. Ciò che mi lascia attonito è invece la smania diffusa e ben poco sana di accogliere come manna dal cielo qualsiasi figuro in odor di vittoria. In ossequio a quest’urgenza, diventa dunque un dettaglio di poco conto la certezza marmorea che questo abbraccio mortale vada tutto a discapito di una definita e credibile linea politica. L’importante è la vittoria, il primato, se poi una volta sbaragliati gli avversari ci si attrezzerà per ricominciare fin da subito a scannarsi gli uni con gli altri, la colpa sarà ovviamente di qualche soggetto terzo, non certo del “popolino” della sinistra, che con gli occhi lucidi consegna deleghe in bianco al primo improvvisatore di televendite che passa dalla sezione.
Con tutto l’impegno e i disumani sforzi che quotidianamente m’impongo non ho ancora capito, al di là della pratica continuativa del parlar bene di sé e male degli altri, che destino immagini per questo paese distrutto l’immaginifico Renzi: naturalmente sono io quello in torto, dal momento che l’autore de ‘Tra De Gasperi e gli U2′ ha sostituito alle classiche campagne di opinione, veri e propri spot dal formato tutto televisivo.
Il Renzi picchia forte, mediaticamente parlando, e mi sembra doveroso ammettere che ci sta condizionando un po’ tutti… Sostenitori, detrattori, scettici, disinteressati e fanatici della House Music. Diciamo in maniera più sintetica e sbrigativa che la dimensione egualitaria del suo operare sta proprio nell’averci rincoglioniti tutti indistintamente, portandoci ad un malinconico punto di non ritorno (che è poi l’effetto tradizionale e principale della pubblicità). L’artificiosità dell’operazione Renzi è fin troppo evidente. Addirittura sfacciata ad una mente minimamente lucida. Ciò nonostante, è pur vero che, nell’immobilismo che lo circonda, la sua campagna sembra partorita dalla mente del principe Otto Von Bismarck. Stronzate ossessive e un po’ morbose come quella del figlio che voterebbe Bersani servono al sagrestano con la zeppola a caratterizzarsi come unico sfidante credibile, annullando le altre candidature ‘contro’ con una ferocia cannibale. Renzi, che perderà le primarie, perché l’Italia è pur sempre un paese orientale, tradizionale e malfidato, che la gioventù la mal sopporta, si è comunque intestato alcuni scalpi scabrosi ed una generica e molto sdrucciolevole istanza di rinnovamento, che sarà molto difficile sottrargli in un futuro prossimo. Renzi, comunque vada, ce lo teniamo a lungo, alla faccia della rottamazione. Fingendo di lottare per il rinnovamento di un partito di cui non gli è mai fregato un cazzo (e su questo punto è difficile dargli torto), il sindaco di Firenze ha pronto un passaporto per qualunque approdo ed è disarmante ascoltare navigati amministratori teorizzare la necessità di promuovere il golden boy per evitare che “ce lo rubino gli altri”. A tanto siamo arrivati.
Ad ascoltarlo bene, Matteo, ha peraltro smesso da tempo di battere ossessivamente sul tasto del limite del doppio mandato, lasciando la declinazione più radicale ed un po’ sempliciotta della questione al solo Grillo. D’altra parte, di mandati il Sindaco ne ha già collezionati parecchi, sia pur in differenti scranni, ed è francamente difficile immaginare un suo passaggio fugace nell’iperuranio della politica nazionale. In fondo, ed in modo forse paradossale ma comprensibile, la questione non interessa seriamente a nessuno. Non è di coerenza che si ha fame, ma di facce nuove. Di un Rutelli più aggressivo. L’operazione qui è di pura sostituzione, non certo di palingenesi. In questo senso, pare certamente più onesta, anche se perdente e decisamente eterea, l’istanza di rinnovamento portata dall’interno ed all’interno del partito, annunciata da antichi e più educati compagni di viaggio del Renzi medesimo.
Ma tant’è. Valutiamo l’unico scenario che ci è dato conoscere: in che modo e con quali mezzi Matteo Renzi ha governato Provincia e Città di Firenze?
– Una Tramvia piuttosto discutibile, peraltro in gran parte rimasta sulla carta, realizzata con l’allegra e colpevole collaborazione della vecchia amministrazione, che ha spaccato in due il centro storico più visitato al mondo, con annesso e conseguente piano del traffico altrettanto eccentrico, che ha avvelenato il sangue dei fiorentini dall’Isolotto a Fiesole.
– Un fin troppo autocelebrato e pubblicizzato piano regolatore a volumi zero che in una città come Firenze avrebbero potuto partorire anche Topo Gigio e Charles Manson nel gabinetto della sua cella. In un contesto urbano come quello in oggetto, con periferie piuttosto violentate dalle amministrazioni precedenti, il grosso degli oneri da urbanizzazione che entravano nelle casse del municipio prima del PSC renziano già provenivano, infatti, da cantieri dedicati alle ristrutturazioni, dal momento che Firenze vanta un centro storico d’impianto medievale delle dimensioni di una media città capoluogo di provincia.
– Un pregevole livello di assenteismo durante l’ultimo anno da parte del nostro camperista all’interno del civico consesso cittadino. L’ultima assenza riguarda il consiglio commemorativo sull’alluvione di Firenze del ’66. Circostanza che apre uno squarcio sulla considerazione del proprio ruolo, delle proprie responsabilità e del rispetto delle istituzioni. Ma di questo importa poco, figuriamoci, mi limito invece a sostenere che il sindaco fugge dalla sua poltrona, non solo per accomodarsi in un’altra più comoda e lussuosa, ma fondamentalmente per esentarsi dal pericoloso fardello di dover rimettersi al giudizio dei fiorentini all’interno della cabina elettorale.
– Una condanna della corte dei conti in primo grado per ‘danno erariale’, dovuta ad assunzioni giudicate non in regola (parliamo di contratti a tempo determinato….), all’interno del suo staff, quando il bambino d’oro era presidente della Provincia.
– Un’altra bella e tosta indagine della corte dei conti aperta nel 2012 per dubbie spese di rappresentanza, ammontanti a 600.000 euro quand’era a capo della Provincia.
Fammi capire, caro il mio Renzi, cosa vuoi farne della mia merda di destino? È inutile che con costanza e tenacia tu mi ripeta fino alla demenza l’accattivante slogan della “Green Economy”, se poi non accompagni il tuo proclama ad una credibile ed articolata proposta in merito ad un ipotetico piano industriale. La prossima volta, per risultare più convincente, assumi come autori un ingegnere o un artigiano del settore, al posto di un produttore di reality show. La Renzi Revolution parla pur sempre e solo di politica, ovvero del suo mondo, che in maniera ipocrita assume una centralità totalizzante nel suo estemporaneo ed approssimativo discorso, alla faccia delle autentiche esigenze sociali in seno alle generazioni senza capelli bianchi. Ecco quindi che la mia indole blasfema, in odor di diciannovesimo secolo, prende il sopravvento e mi chiedo se non sia meglio, nel far largo a questi stramaledetti e già troppo consumati giovani, portare all’attenzione della pubblica opinione il superamento della legge 30, che preclude qualsiasi sana velleità nel progettare il proprio futuro, piuttosto che propinarci per l’ennesima volta la colossale balla del ‘nuovo’, concetto vuoto su cui il principe fiorentino galleggia in maniera egregia, dal momento che parla in prima persona del proprio avvenire infischiandosene di quello altrui.
Piccolo e demoniaco scout, dimmi cosa cazzo vuoi da me, che ho smerdato per anni i piatti alla Festa de L’Unità e ci ho pure fatto la vigilanza notturna (peccato non fossi armato….). Poi mi è toccato per giunta sopportare Adornato, Bordon, Binetti, Veltroni e addirittura Paola Concia…. La domanda è sempre la stessa da quando sono al mondo e che il buon Ettore Scola infilò nella bocca del compianto mattatore Vittorio Gassman: “A che ora è la Rivoluzione? Bisogna aver mangiato o dobbiamo venire a digiuno?”
Se l’unica risposta che riesci ad elaborare è “ADESSO!!!”, allora, caro Matteo, puoi tranquillamente andare a farti fottere, invece di tentarle tutte per fottere me medesimo…. E scusa l’egocentrismo, devo ammettere che sei proprio contagioso.
Feat. Ercoli