S’i’ fosse Pierluigi

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In ogni strada di questo paese c’è un nessuno che sogna di diventare qualcuno. È un uomo dimenticato e solitario che deve disperatamente provare di essere vivo.

“State a sentire stronzi figli di puttana io ne ho abbastanza, ho avuto anche troppa pazienza e non ho intenzione di… State a sentire stronzi, figli di puttana, io ne ho abbastanza, ho avuto anche troppa pazienza, ho avuto anche troppa pazienza, ho avuto troppa pazienza con voi sfruttatori, ladri, drogati, michrochip nel cervello, assassini, Rocco Casalino, scie chimiche nelle mutande, vigliacchi e webcam nei cessi di Montecitorio. Ho deciso di farla finita, ho deciso di farla finita, ho deciso di farla finita, ho deciso di… Crimi sei morto!
La solitudine mi ha perseguitato per tutta la vita, dappertutto. Nei bar, in macchina, in sezione, per la strada, nei negozi, dappertutto. Non c’è scampo: sono nato per essere solo. Adesso vedo con chiarezza che la mia vita ha avuto un solo scopo, adesso l’ho capito. Non c’è mai stata altra scelta per me”.

“State a sentire stronzi, figli di puttana. Io non piaccio a voi e voi non piacete a me, per cui basta così. Mi chiamo fuori. Fatevi sto cazzo di Governo con una personalità terza. Magari proprio Terzi, che ha più o meno il vostro stesso senso dello Stato”.

Poi un minuto dopo mi faccio eleggere a maggioranza semplice Presidente della Repubblica, sciolgo le Camere e mi affido l’incarico ad interim. Stronzi, figli di puttana.

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Stramaledetti Giovani

renzi

E’ un sabato mattina di ottobre, mi trovo a Sassuolo, due anziane signore mi precedono ed attendono il periodico controllo della pressione dentro la farmacia. Devo prenotare un paio di esami conto terzi. Entra un uomo elegante e distinto, salta la fila e con grande affanno mostra al farmacista un paio di foruncoli sull’avambraccio destro. L’uomo si dichiara vittima di una fantomatica infezione epidemica di natura africana, della cui esistenza è venuto a conoscenza grazie ad una rivista che non esita ad identificare in ‘Focus’. Il camice bianco domanda: ”Ma lei si è recato ultimamente in Africa subsahariana?”. Il distinto avventore in tutta onestà replica: “Mai stato in Africa in vita mia”. Il farmacista lo invita dunque a non preoccuparsi inutilmente. Si tratta con tutta probabilità di un comunissimo sfogo epidermico. La transazione si chiude con la consegna al malato immaginario di ciò che egli stesso definisce come “il solito”: una bella confezione di barbiturici a marca Roche, che ho visto spesso consumare in gioventù dai miei amici tossicodipendenti, durante le frequenti crisi di astinenza. Ancora divertito, esco dall’esercizio e mi porto verso il sito dove ho parcheggiato la mia utilitaria nipponica, quando ad un tratto mi trovo investito dallo stesso clima ipocondriaco che mi ero appena lasciato alle spalle: Matteo Renzi parla in città.

Renzi non piace. E non già perchè si abbia la quasi certezza che sia un grandissimo pezzo di merda. Caratteristica peraltro assai gradita ai nostalgici della doppiezza togliattiana. Ma perchè, anche come pezzo di merda, non convince. Puppato, nel dibattito primario, attribuisce a Brunetta la sfortunata frase sui bamboccioni. Renzi si volta verso Vendola e domanda dubbioso: ”Ma non era Padoa Schioppa?”. Il governatore pugliese annuisce e lo rassicura. Al successivo intervento il Renzi smerda Puppato senza pietà. Che va bene, per carità. In politica le carogne servono. E’ l’assenza di sostanza che rende quello che sarebbe un gran bel pezzo di merda, un’inutile scorreggia.

La fauna che accorre ad ascoltare il giovane turco è presto riconoscibile: il cognato di quella pitocca che dispensa improbabili ricette alla televisione, il figlio del direttore del gruppo RCS, quell’elegante ed infallibile analista politico un tempo noto come ‘Molotov e Champagne’, e diversi quadri locali, che fanno il paio con l’inner circle del nostro eroe, fatto di ghost writers marcati Finivest, senatori, come Morando e Tonini, con almeno cinque legislature alle spalle, amministratori locali non più spendibili e giudicati con sentenza inappellabile dal verdetto pronunciato dalle urne, saltimbanchi dello spettacolo, padroni di stampo ottocentesco e via discorrendo. L’affresco richiama i lavori più intricati e dettagliati del maestro Hieronymus Bosch, tra l’altro mia grande passione, in cui la sconfinata pletora di lecchini ed opportunisti al seguito del protagonista appare come un plotone armato, che mi ricorda inesorabilmente i vigilantes  all’entrata dei grandi impianti  industriali o la paradossale presenza di piantoni e sentinelle con tanto di baionette a presidiare gli ingressi delle caserme, anch’esse piene di fanti armati. A cosa cazzo servono queste figure? Semplice…. A tener fuori la logica…. Sia così di Renzi.

La sala, si diceva, è come il paese: esaurita. Gli esclusi inveiscono come se avessero perso il posto letto al Getsemani. Ne approfitto quindi per intrattenermi con un vecchio compagno estromesso dal matinèe. Dopo il primo solito scambio di qualunquistiche opinioni politiche, il discorso entra nello specifico, coinvolgendo l’istrione toscano ed il glossario di puttanate che lo spettacolare amministratore ha prepotentemente inserito nel dibattito degli ultimi mesi. Lo sconforto mi assale. Ormai anche il più attempato componente di quel fantomatico “popolo della sinistra” ha abbracciato la modernità puttana e se ne fotte di un secolo di conquiste operaie, oggi vilipese. Poco male, direi, siamo in tanti a fottercene. Ciò che mi lascia attonito è invece la smania diffusa e ben poco sana di accogliere come manna dal cielo qualsiasi figuro in odor di vittoria. In ossequio a quest’urgenza, diventa dunque un dettaglio di poco conto la certezza marmorea che questo abbraccio mortale vada tutto a discapito di una definita e credibile linea politica. L’importante è la vittoria, il primato, se poi una volta sbaragliati gli avversari ci si attrezzerà per ricominciare fin da subito a scannarsi gli uni con gli altri, la colpa sarà ovviamente di qualche soggetto terzo, non certo del “popolino” della sinistra, che con gli occhi lucidi consegna deleghe in bianco al primo improvvisatore di televendite che passa dalla sezione.

Con tutto l’impegno e i disumani sforzi che quotidianamente m’impongo non ho ancora capito, al di là della pratica continuativa del parlar bene di sé e male degli altri, che destino immagini per questo paese distrutto l’immaginifico Renzi: naturalmente sono io quello in torto, dal momento che l’autore de ‘Tra De Gasperi e gli U2′ ha sostituito alle classiche campagne di opinione, veri e propri spot dal formato tutto televisivo.

Il Renzi picchia forte, mediaticamente parlando, e mi sembra doveroso ammettere che ci sta condizionando un po’ tutti… Sostenitori, detrattori, scettici, disinteressati e fanatici della House Music. Diciamo in maniera più sintetica e sbrigativa che la dimensione egualitaria del suo operare sta proprio nell’averci rincoglioniti tutti indistintamente, portandoci ad un malinconico punto di non ritorno (che è poi l’effetto tradizionale e principale della pubblicità). L’artificiosità dell’operazione Renzi è fin troppo evidente. Addirittura sfacciata ad una mente minimamente lucida. Ciò nonostante, è pur vero che, nell’immobilismo che lo circonda, la sua campagna sembra partorita dalla mente del principe Otto Von Bismarck. Stronzate ossessive e un po’ morbose come quella del figlio che voterebbe Bersani servono al sagrestano con la zeppola a caratterizzarsi come unico sfidante credibile, annullando le altre candidature ‘contro’ con una ferocia cannibale. Renzi, che perderà le primarie, perché l’Italia è pur sempre un paese orientale, tradizionale e malfidato, che la gioventù la mal sopporta, si è comunque intestato alcuni scalpi scabrosi ed una generica e molto sdrucciolevole istanza di rinnovamento, che sarà molto difficile sottrargli in un futuro prossimo. Renzi, comunque vada, ce lo teniamo a lungo, alla faccia della rottamazione. Fingendo di lottare per il rinnovamento di un partito di cui non gli è mai fregato un cazzo (e su questo punto è difficile dargli torto), il sindaco di Firenze ha pronto un passaporto per qualunque approdo ed è disarmante ascoltare navigati amministratori teorizzare la necessità di promuovere il golden boy per evitare che “ce lo rubino gli altri”. A tanto siamo arrivati.

Ad ascoltarlo bene, Matteo, ha peraltro smesso da tempo di battere ossessivamente sul tasto del limite del doppio mandato, lasciando la declinazione più radicale ed un po’ sempliciotta della questione al solo Grillo. D’altra parte, di mandati il Sindaco ne ha già collezionati parecchi, sia pur in differenti scranni, ed è francamente difficile immaginare un suo passaggio fugace nell’iperuranio della politica nazionale. In fondo, ed in modo forse paradossale ma comprensibile, la questione non interessa seriamente a nessuno. Non è di coerenza che si ha fame, ma di facce nuove. Di un Rutelli più aggressivo. L’operazione qui è di pura sostituzione, non certo di palingenesi. In questo senso, pare certamente più onesta, anche se perdente e decisamente eterea, l’istanza di rinnovamento portata dall’interno ed all’interno del partito, annunciata da antichi e più educati compagni di viaggio del Renzi medesimo.

Ma tant’è. Valutiamo l’unico scenario che ci è dato conoscere: in che modo e con quali mezzi Matteo Renzi ha governato Provincia e Città di Firenze?

– Una Tramvia piuttosto discutibile, peraltro in gran parte rimasta sulla carta, realizzata con l’allegra e colpevole collaborazione della vecchia amministrazione, che ha spaccato in due il centro storico più visitato al mondo, con annesso e conseguente piano del traffico altrettanto eccentrico, che ha avvelenato il sangue dei fiorentini dall’Isolotto a Fiesole.

– Un fin troppo autocelebrato e pubblicizzato piano regolatore a volumi zero che in una città come Firenze avrebbero potuto partorire anche Topo Gigio e Charles Manson nel gabinetto della sua cella. In un contesto urbano come quello in oggetto, con periferie piuttosto violentate dalle amministrazioni precedenti, il grosso degli oneri da urbanizzazione che entravano nelle casse del municipio prima del PSC renziano già provenivano, infatti, da cantieri dedicati alle ristrutturazioni, dal momento che Firenze vanta un centro storico d’impianto medievale delle dimensioni di una media città capoluogo di provincia.

– Un pregevole livello di assenteismo durante l’ultimo anno da parte del nostro camperista all’interno del civico consesso cittadino. L’ultima assenza riguarda il consiglio commemorativo sull’alluvione di Firenze del ’66. Circostanza che apre uno squarcio sulla considerazione del proprio ruolo, delle proprie responsabilità e del rispetto delle istituzioni. Ma di questo importa poco, figuriamoci, mi limito invece a sostenere che il sindaco fugge dalla sua poltrona, non solo per accomodarsi in un’altra più comoda e lussuosa, ma fondamentalmente per esentarsi dal pericoloso fardello di dover rimettersi al giudizio dei fiorentini all’interno della cabina elettorale.

– Una condanna della corte dei conti in primo grado per ‘danno erariale’, dovuta ad assunzioni giudicate non in regola (parliamo di contratti a tempo determinato….), all’interno del suo staff, quando il bambino d’oro era presidente della Provincia.

– Un’altra bella e tosta indagine della corte dei conti aperta nel 2012 per dubbie spese di rappresentanza, ammontanti a 600.000 euro quand’era a capo della Provincia.

Fammi capire, caro il mio Renzi, cosa vuoi farne della mia merda di destino? È inutile che con costanza e tenacia tu mi ripeta fino alla demenza l’accattivante slogan della “Green Economy”, se poi non accompagni il tuo proclama ad una credibile ed articolata proposta in merito ad un ipotetico piano industriale. La prossima volta, per risultare più convincente, assumi come autori un ingegnere o un artigiano del settore, al posto di un produttore di reality show. La Renzi Revolution parla pur sempre e solo di politica, ovvero del suo mondo, che in maniera ipocrita assume una centralità totalizzante nel suo estemporaneo ed approssimativo discorso, alla faccia delle autentiche esigenze sociali in seno alle generazioni senza capelli bianchi. Ecco quindi che la mia indole blasfema, in odor di diciannovesimo secolo, prende il sopravvento e mi chiedo se non sia meglio, nel far largo a questi stramaledetti e già troppo consumati giovani, portare all’attenzione della pubblica opinione il superamento della legge 30, che preclude qualsiasi sana velleità nel progettare il proprio futuro, piuttosto che propinarci per l’ennesima volta la colossale balla del ‘nuovo’, concetto vuoto su cui il principe fiorentino galleggia in maniera egregia, dal momento che parla in prima persona del proprio avvenire infischiandosene di quello altrui.

Piccolo e demoniaco scout, dimmi cosa cazzo vuoi da me, che ho smerdato per anni i piatti alla Festa de L’Unità e ci ho pure fatto la vigilanza notturna (peccato non fossi armato….). Poi mi è toccato per giunta sopportare Adornato, Bordon, Binetti, Veltroni e addirittura Paola Concia…. La domanda è sempre la stessa da quando sono al mondo e che il buon Ettore Scola infilò nella bocca del compianto mattatore Vittorio Gassman: “A che ora è la Rivoluzione? Bisogna aver mangiato o dobbiamo venire a digiuno?”

Se l’unica risposta che riesci ad elaborare è “ADESSO!!!”, allora, caro Matteo, puoi tranquillamente andare a farti fottere, invece di tentarle tutte per fottere me medesimo…. E scusa l’egocentrismo, devo ammettere che sei proprio contagioso.

Feat. Ercoli

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Heavy Grecia

contagio greco

Non sarà sfuggito ai più attenti come da queste parti si stia ormai esaurendo la spinta propulsiva alla redazione di articoli non pagati. Ragion per cui, approfittiamo del buon cuore e dell’entusiasmo di chi ancora conserva qualcosa da dire, per omaggiare il vivacissimo pubblico di questo blog di una corrispondenza ateniese fuori dal coro (greco). Noi ovviamente ci dissociamo, essendo da tempo sostenitori dello schema beotico, come modello di sviluppo della regione.

Telebolla ci fa sapere che:

Sollecitato dalla pessima informazione italiana e non solo, mi vedo costretto a puntualizzare alcune cose sulle elezioni greche. Se non ve ne frega un cazzo potete smettere di leggere dopo la frase successiva (e concentrarvi invece sul fondamentale match dei nostri eroi contro l’austera Germania, ndr).

No, nè io, nè, quel che più conta, Ifigenia (fidanzata ateniese del nostro corrispondente, il nome evocativo è di fantasia, per tutelare la riservatezza dalla signora, ndr) siamo contenti del risultato.

I media di mezzo mondo hanno venduto la faccenda come un plebiscito pro/contro euro. Trattasi di grossolana bufala. Gli unici partiti no-euro erano i comunisti, finiti al 4,3% ed i nazisti, che hanno raccolto un molto dis-onorevole 7%.

Il partito-coalizione di “estrema” sinistra SYRIZA, arrivato secondo col 26,3%, e bollato come no-euro, aveva una posizione ben diversa, che si può riassumere così: sì euro, ma ci vuol della calma. Non a tutti i costi, insomma, e, francamente, dopo 4 anni di sacrifici immensi sostenuti dai greci inutilmente, non mi sembrava neppure così irragionevole.

Mettere sul tavolo l’ultima arma che rimane al paese, anche se fosse stato solo un bluff, era un tentativo che valeva la pena di osare, vista la situazione oramai putrefatta. Poi possiamo discutere per ore di quanto sia il potere negoziale della Grecia (=0) e su quali misure l’Europa avrebbe dovuto tenere alta la pressione, su quali invece allentarla… Non lo faremo.

Ora al governo ci sono di nuovo (sempre) quelli che i debiti megagalattici della Grecia li hanno fatti e nascosti per anni, Nea-democratia e Pasok. Ditemi voi se l’Europa e/o i greci dovrebbero essere contenti di questi solidi garanti.

Per non parlare della violenza che la polizia ha esercitato e continua ad esercitare arbitrariamente, certa della copertura offerta dai partiti al governo. Ogni giorno ad Atene si registrano violenze ingiustificate da parte delle forze dell’ordine. Un amico ci ha raccontato di essere stato fermato dalla polizia qualche giorno fa’ e perquisito. Dopo aver trovato uno spazzolino nel suo borsello, i poliziotti hanno iniziato a sfotterlo perchè non aveva con sè anche il dentifricio ed a prenderlo allegramente a schiaffi. Nel suo caso è andata bene, se l’è cavata con due guance rosse e tanta paura, ma c’è chi quotidianamente finisce all’ospedale. Quando non è la polizia sono i nazisti ad aggredire chiunque gli capiti a tiro. La polizia lascia fare, i partiti al governo anche. La gente ha paura di denunciare ed è comunque sempre inutile.

Allora, vi piacciono ancora i partiti pro-euro?

Sono sempre stato critico nei confronti della Grecia, dove mi sono imbattuto in innumerevoli manifestazioni per la Pace, la Palestina, l’Afghanistan, l’Anarchia, la Libertà, il Noumeno e tante altre belle cose, ma dove non si sono nemmeno mai preoccupati di allestire un catasto nazionale (fino a qualche anno fa’ l’80% del paese non era accatastato, quindi non si sapeva chi fosse proprietario e di cosa). Un governo di SYRIZA non sarebbe durato neanche tre mesi, ma se pensate che questa gente risolverà qualcosa vi sbagliate.

Kalimera

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Amassakoul

Tinariwen

Decido quindi di tornare a spendere qualche soldo per della musica dal vivo. Reggersi in piedi non è più semplice come una volta. Constato che nel frattempo i Tinariwen sono diventati popolarissimi. Il terzomondismo ha trionfato definitivamente, dunque. Me ne rallegro con moderazione. D’altra parte è un po’ che manco dalle scene. Nei salotti ormai mi presentano come il Terrence Malik dell’underground, assente e pretenzioso. Rispetto ad altre occasioni però, posso apprezzare una platea più coerente con lo spettacolo. Non solo squallidi hipster come me, ma anche un buon numero di pakistani, magrebini e perfino veri maliani (con tanto di bandiera rivoluzionaria Tuareg). Minoranze con un potere d’acquisto realmente insospettabile. Si tratta, evidentemente, del risultato di politiche economiche perseguite con tenacia da un’amministrazione locale storicamente attenta alla valorizzazione del piccolo e piccolissimo commercio al dettaglio. Bene. Lo spettacolo comunque risponde alle attese, stirando il concetto di ipnosi sciamanica a livelli mansoniani. Più volte, mentre oscillo, mi domando se non stiano ripetendo la stessa canzone. Verso il finale il dubbio deviene certezza, ma non importa. Consapevoli, come ormai siamo, che il genio alberga nella reiterazione ossessiva. Non importa neppure la clamorosa assenza del concetto di ‘finale’ e che ogni chiusura di pezzo sia un elogio all’anarchia. Davvero non saprei spiegare perchè mi vengono in mente i Ramones. Che non c’entrano nulla. Forse l’altezza media. L’ovazione finale è tutta per il ballerino/animatore in palandrana fucsia, che sfida con la propria sfacciata inutilità una platea profondamente provata da una disoccupazione vorace. Fatto che certifica la completa sospensione della razionalità, cui solo i sacerdoti più consumati possono aspirare. Detto ciò, debbo con rammarico riscontrare come ancora esista chi interpreta un concerto (per giunta a pagamento) come un’occasione utile per fare conversazione. Un concerto funziona come un cinema. Parliamo poi dopo.

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Il pornocomizio del cantante Patrizio

Più che un coccodrillo, mi viene da buttar giù un pensiero semplice, un’analogia. Noi, in generale, produciamo talenti ad ondate. Creiamo Pantheon e Rinascimenti. La qual cosa ci rende i migliori ed i peggiori a distanza di una sola generazione. Non abbiamo movimenti, ma personalità. Spesso comunque il giudizio nasce e muore tra i nostri confini. Per me Lucio Dalla è Ugo Tognazzi, lo sporcaccione, che non si prende mai sul serio, probabilmente il più bravo di tutti, ma anche il meno sacro. Ed anche il primo che se ne va. Anzi prima di lui c’era stato De Andrè, più scuro e con la faccia scavata di Volontè. Il principe De Gregori è elegante come Gassman, il sodale del mostro Tognazzi. Battiato è brechtiano come Manfredi. Il più comodo era Battisti, come lo è stato Sordi. Mancherebbe Mastroianni, il più internazionale. Forse Conte, il francese. Niente di più, anzi una stella in più. Quella del brodo Star.

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Me ne dia un altro, però diverso

L’internet è proprio un bel posto. E’ uno spasso avere a che fare con un lettore/commentatore medio del Fatto Quotidiano o di qualche blog giacobino, tra un bicchier di vino ed un caffé, tiravi fuori i tuoi perchè… una scia chimica ed un Morandi coprofilo. Soggetti inquieti che urlano come scimmie impazzite, permalosissimi ed intenti a togliersi la lanuggine dall’ombellico, smanettando con gli avatar alla ricerca di un ritorno al passato bucolico in cui il latte sapeva di latte e le scorregge delle vacche erano molto meglio delle oscure trame di Gazprom. Tutti luddisti con l’I-culo degli altri, si direbbe. Io, da qualche mese, sono invece entrato in sonno polemico. L’internet lo giro meno e vado in posti più lontani. Mica nel mondo reale però. Che lì fa freddo e la gente muore (anche se dove vivo io i pakistani continuano a fermarti per strada per venderti le latte di birra gelata). E’ uno di quei periodi in cui fuggi dai quotidiani e riprendi in mano Tolkien. La primavera araba è ormai sepolta sotto la neve e perfino il buon Lucio Caracciolo non si vede più. Siamo di nuovo alle frasette pret-a-porter. Perfette per la polemica da aperitivo. Per carità, riconosco di essere un facilone, le questioni concrete non mi appassionano molto. Non penso mai alla pensione e, quando sarà il caso, valuto con attenzione l’opzione finestra. I contratti, quando mi si offrono, manco li leggo. Ho avuto un sussulto di lotta di classe solo quando ho letto (davvero) un’offerta per uno stage universitario non pagato come cameriere. Al lavoro ideale non riesco neppure a pensare. O forse si: come si farà per lavorare a Blob? Le certezze comunque sono poche, una di queste è che più lonatani si sta da mamma e papà meglio è per la salute di tutti. Mentre è importante fare le cose per bene, senza cercare alibi. Se sei ciccione è perchè devi mangiare meno e/o muovere le chiappe, rimpinzarti di salame perchè ti hanno detto che la dieta proteica non ti fa ingrassare, non è una soluzione sensata. Riflettici a modo. La grande riforma che ci risolve la vita non esiste e qui nessuno sta (più) pensando di reintrodurre lo ius osculi o il delitto d’onore. Pertanto, sarebbe ora di finirla con i melodrammi e le psicosi collettive, effimere quanto un meme, che esplodono regolari ad ogni giro di ruota e cominciare invece a muovere il culo da soli. Dopotutto basta 1 euro, che ce vò? Io, per dire, mi sto dando da fare e l’altro giorno ho mandato il cv ad un nascente coffie shop della città in cerca di un professionista serio e responsabile, cui affidare lo zainetto pieno di roba da trasportare dal luogo dove si coltiva a quello dove si vende, uniche zone protette da non si capisce bene quale vuoto legale, sgusciando come un ratto tra le viuzze del centro. Incrociamo le dita, mi auguro davvero di poter crescere come professionista all’interno di un progetto lavorativo stabile e…. Vabbè, tanto il problema è che presto mi diventerà monotono anche questo, perchè la noia ce l’ho marchiata a fuoco nel dna.

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No Time, No Space

Quando parto per un viaggio, la prima cosa che faccio è selezionare con cura una valigia adeguata. Una volta individuata, la imbottisco senza pensare a ciò di cui realmente avrò bisogno. L’obiettivo esclusivo è quello di riempire il contenitore. L’apologo della valigia identifica abbastanza bene anche quale sia il mio rapporto con il tempo. Dato un certo numero di ore giornaliere da dedicare al lavoro, lo scopo del gioco sarà quello di occupare il più possibile questo spazio con buoni propositi, progetti ed aspirazioni, con la certezza di lasciare pressocchè inevasa la maggior parte di essi. Mi capitava anche all’Università, quando, una volta prelevati i testi per l’esame in biblioteca, mi sembrava di aver già compiuto il mio dovere e che la fase di studio reale fosse solo un accessorio trascurabile. In effetti, il mio genere letterario preferito è certamente il riassunto. Il mio problema non è dunque quello di trovare il posto per tutto ciò che vorrei/dovrei fare (di posto ne ho in abbondanza), ma di tirare per le lunghe il poco che realmente faccio, in modo da occupare le immense praterie di tempo libero a disposizione, senza lasciare spazi smaccatamente scoperti. Non sono mai stato abile nella programmazione e nella gestione controllata del tempo. Non ho un’attitudine ‘fordista’, vivo piuttosto d’imprevedibili e disarticolate impennate stacanoviste, quasi sempre dettate dall’urgenza. La pressione è il mio miglior carburante e con gli anni ho appreso che ogni cosa può diventare urgente, se solo si ha la pazienza di aspettare abbastanza a lungo. Per anni ho perfino indossato un orologio al quarzo cinese che segnava un minuto ogni 55 secondi, nel tentativo artificiale di darmi fretta, poi però l’oggetto finì per accorgersi dello stratagemma e si rifiutò di proseguire nell’inganno. Il lavoro, comunque, mi piace, mi affascina e potrei starmene seduto per ore a guardarlo. Per questo condivido Bergson: l’oggettività spaziale delle lancette dell’orologio è materia triste da lasciare ai fisici. Il tempo è invece una dimensione soggettiva, in cui un’ora di ozio irresponsabile vale quanto cinque di lavoro coscienzioso. Purtroppo però non avere tempo è ormai diventato uno status ed è necessario trovarsi un impiego sufficientemente invasivo per poterne fare sfoggio in pubblico ed essere universalmente stimati. Altrimenti non resta che fare un figlio. Le due cose ottenute all’unisono, poi, ci renderebbero apprezzati e rispettati almeno quanto Fiorello o Pol Pot.

 

 

 

 

 

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Il Migliorista

Napolitano ha fatto un capolavoro. Da vero Uomo del Male. Durante tutto il mandato non ha seguito (e ci mancherebbe) i vari grilli e travagliati d’assalto, ma ha atteso il momento per colpire senza pietà. Farlo prima avrebbe solo indebolito la sua posizione di fronte a metà della nazione e fornito argomenti alla Bestia. Invece è arrivato al momento cruciale, che sapeva bene sarebbe venuto, al massimo della forza e se ora si può permettere di mandare a cagare le beghine di B. così platealmente è proprio perchè ha sempre usato tempi e modi giusti. Non capirlo, significa non aver ben presente cosa sia stato questo paese (e le squinternate scimmie urlatrici che lo abitano) negli ultimi 4 anni (momento clou degli ultimi 20). Non si poteva proprio far meglio, ma si poteva fare molto peggio (mandare D’Alema al Quirinale, per esempio). La nomina a senatore a vita di Monti toglie argomenti a B. ed alla Lega. In qualche modo Napolitano suggerisce addirittura il proprio erede. Un ringraziamento preventivo per la cicoria che dovrà ingoiare e i vaffanculo roteanti che gli pioveranno sulla testa da ogni angolo dello stivale e che probabilmente lo accompagneranno fino alla tomba. Lo scacco matto funziona così bene che il PDL si sta già frantumando. Il tizio dei ristoranti pieni, se ci sta, perde la Lega, se non ci sta, si ritrova con un default su per le chiappe flaccide e le elezioni perse alla grande. In tutte i due casi perderà una buona fetta del partito, presente e futuro. Con Antonino Di Pietra che, per quanto ci riguarda, può andare serenamente a mietere il grano. L’ometto malvagio, cui abbiamo sempre riconosciuto l’unica qualità della scaltrezza, quello che ‘tanto ci frega sempre’, è stato sonoramente fregato (e non è la prima volta, vedasi Lodo Alfano) da un giovanotto di 86 anni ed un passato da ‘politico di professione’ e di gran classe. Una vera carogna del PCI, tra i più odiati soprattutto dalle vedove di Berlinguer. Un doppio giochista tutto d’un pezzo. Una razza estinta, purtroppo. Rispetto alle menate su Goldman Sachs, Bilderberg o la necessità ‘democratica’ della legittimazione elettorale (ma quando mai?), in questo momento ed in questo paese, suonano con la stessa rilevanza del dibattito sul cineforum… Per una crisi economica si è pensato di chiamare un grande economista. Guarda un po’ che stravaganze. Delusi i sostenitori de ‘l’uomo della strada’, saranno interpellati quando il problema sarà di tipo ‘stradale’. Auguriamoci solo che non sia troppo tardi.

Nella foto d’archivio, Napolitano al telefono con il Mossad.

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Necrofilia Canaglia

La vita reale, fatta di malattie, noia e rompicoglioni, troppo spesso ci costringe ad abbandonare la spensierata masturbazione on-line. Per fortuna però, ogni tanto, capitano eventi che ci ricordano quanto sia spassoso il mondo del cazzone cibernetico. La desertificazione di questo spazio ha vissuto, tra ieri ed oggi, un gioioso, quanto effimero, ripopolamento, dovuto al posto che si dedicò al Renato Zero della Sirte. Che a farsi le seghe con i cadaveri son buoni tutti, ma per prender per il culo i moribondi ci vuole classe. E allora gridiamolo forte: è molto più sexy la ricrescita del Colonnello che l’anal abbozzato (fu vera gloria?) di Belen! Ora però, tributato il doveroso omaggio al Gran Maestro dell’Ordine del Coraggio ed archiviata con successo la liberazione della Quarta Sponda, torniamo di corsa al meteorismo di casa nostra, consapevoli del fatto che un buon governo è come una buona digestione, quando funziona, quasi non si percepisce.

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La Nuova Stagione

Questa mattina stavo facendo la spesa nel supermercato sotto casa. E’ stato da poco ampliato ed espone una cornucopia di nuovi scintillanti prodotti. Per la mia soddisfazione è stata aumentata considerevolmente anche la selezione di frutta e verdura. La qualità rimane quella di sempre: oggetti multiformi, insapore, gonfi d’acqua, con ipocriti e sgargianti colori. L’illusione di scovare un angolo di naturalezza nell’oleastra metropoli mi ha fatto comunque piacere. Nonostante l’alimentazione ostinatamente equilibrata e la vita monastica, la mia memoria da diverso tempo denuncia il bisogno di abili trucchi per funzionare a dovere ed una delle prove più difficili è appunto quella di ricordarsi il numero corrispondente al frutto che si desidera pesare e quindi acquistare. Oggi ha fatto la sua comparsa negli scaffali la pesca tabacchiera, o saturnina. Sono quelle schiacciate. In Italia ne andavo ghiotto, ma qui ancora non ne avevo trovate. Scopro che in spagnolo si chiamano melocotones paraguayos, immagino ad indicarne la prima origine sudamericana. Il numero d’inventario che le è stato abbinato, nel mio Consum, è il 21. Al momento di pesarle mi è risultato del tutto naturale realizzare il collegamento mnemonico con la sobria eleganza di Andrea Pirlo. Posso dirmi già in pre-partita.

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Piscio d’artista

Un filo magico unisce arte, blog e scorregge. Sono tutte cose che piacciono solo a chi le fa. Non preoccupatevi, non è il tipico post fregancazzo sulle menate del bloggare. E’ molto peggio. Vorrei infatti condividere con voi un grande successo personale. Dopo innumerevoli esperienze da operaio della parola a cottimo, perduto qua e là fra redazioni (poche), macchinette del caffè, telelavori, succedanei delle pagine gialle e traduzioni abusive, ho ottenuto la mia quotazione. Quando ottieni la tua quotazione, puoi dire di essere arrivato ed io, dopo numerosi preventivi a cazzodicane, ho finalmente ottenuto la mia: valgo 0,05 centesimi di euro a parola. Forse è finalmente giunto il momento di cominciare a pisciare sulle camicie della gente. Anche quella poltiglia acida per vecchi sporcaccioni rincoglioniti che è il mercato dell’arte, attribuisce in maniera del tutto arbitraria una quotazione relativa ai centimetri quadrati dell’opera del suddetto artista quotato. Fortunatemente però, io e l’arte non ci siamo mai piaciuti. Evito con cura i musei e mi emoziono, al limite, solo di fronte all’architettura, ma esclusivamente perchè ne percepisco l’utilità pratica. Tra una parola quotata e l’altra devo pensare al culo dell’Adalgisa per non impazzire. Non provo nessuna urgenza creativa, ho solo (pochi e vaghi) obiettivi concreti. Per quanto mi riguarda, l’arte è una suggestione collettiva utile a fregare le teste d’uovo. Un raggiro bellebbuono, che esprime la propria radice ontologica nel momento in cui riesce a spacciare (e a vendere) come tuffi di genialità bluff roboanti quali Joan Mirò, Maurizio Cattelan, Michelangelo Antonioni o gli Artic Monkeys. L’Arte, in sostanza, è l’arte di prendere per il culo senza farsi scoprire. Questo post, per essere onesti, vale dunque 14,25 euro. E un preventivo è per sempre. Come un diamante.

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Il Prescelto

Ciao il-popolo-di-internet, come va? Repubblica.it ti ha già mandato la paghetta del mese per comprare le cingomme? Bene. Che domani si cambia il mondo a suon di gattini. A Ronnie Red e a Renatino gli facciamo il culo a tromba. Non siam mica tanto biondi noi del 2.0. C’abbiamo la spinta propulsiva di Sora Cersira. C’abbiamo. Mica cazzi. 

Nell’attesa del Sol dell’Avvenire, mi focalizzerei però sul tempo nostro e sui suoi migliori interpreti. Il Gentiluomo di Sua Santità, in particolare. Il Gianni. Il Quirinabile. Mi pare che questa possa essere l’inchiesta decisiva. Quella che segna il cambio di pagina. Non per gli esiti giudiziari, che saranno inevitabilmente castrati, ma perchè mostra la misura del via libera. 

Gianni Letta è la Seconda Repubblica. Molto più di Berlusconi, che è come Craxi. Vistoso e vanesio, ma fragile, oramai impresentabile, e quindi monetinabile, esiliabile e sacrificabile. Mentre Letta è Andreotti. Il Perno. Immanente, discreto e sdraiato su Via della Conciliazione. Bisignani, dunque, come Balduccio Di Maggio. I boccoli biondi di Woodcock come il bianco patinato di Caselli. Il Perno però può essere pensionato (con molta delicatezza) solo una volta trovato il sostituto. Operazione, pare, ancora in alto mare, per la drammatica carenza di puri talenti jedi.

Avvenire, che però è trotzkista e non conta una virgola, si esprime ormai in termini da spaghetti western. Parla spesso di schiaffoni. Forse l’uomo del futuro è Carlo Pedersoli. Uomo d’ordine e vicino alla gente. Una personalità di peso. Come Adinolfi, che è proprio un fottuto panzone. Non ci piove.

In ogni caso, quando ce ne saremo accorti, sarà sempre troppo tardi. Per intanto condividi, il-popolo-di-internet. Condividi.

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Il Telelavoro

L’altro giorno leggevo di un duo di simpatici briganti che aveva messo in piedi una strategia criminale non male. Il primo depositava due valige all’interno del portabagagli dell’autobus che dall’aereoporto di Girona trasporta i turisti Ryanair a Barcellona. Il secondo se ne stava rinchiuso in una di queste due valige. L’altra era vuota. Una volta partiti, il contorsionista usciva dal nascondiglio e, armato di lanterna e punteruolo, apriva e saccheggiava i bagagli dei passeggeri, infilando il malloppo in quella vuota. Dopo di che si rimetteva a cuccia nel suo trolly ed all’arrivo veniva ritirato dal complice. Ecco, per me questo è un modo di guadagnarsi la vita degno di nota. Prevede rischio, ingegno ed abilità tecniche ed acrobatiche non comuni. Io invece telelavoro e nessuno mi prende sul serio. Neppure gli affetti più cari. E’ risaputo infatti che la considerazione delle persone provenga esclusivamente dal denaro che si riesce a produrre con il proprio mestiere, o, in caso di mancanza di denaro, dalla notorietà che da esso si riesca a ricavare. Pietro Pacciani non guadagnava molto, ma era noto e la gente lo prendeva parecchio sul serio. Il telelavoro non è male. Per un sociopatico rappresenta l’antidoto alla ferocia del mondo. Ti concede il tepore casalingo nelle fredde giornate d’inverno. Ogni mezz’oretta puoi andare a verificare se la Juventus ha poi comprato Anastasi come si sosteneva mezz’ora prima, controllare che in Belgio non abbiano creato un governo, sbirciare il colore delle mutande di Lindsay Lohan, esplorare un po’ di anal scolastico, apprendere che il radicchio rosso trevigiano cura/causa il cancro e scoprire almeno un paio di ragioni per indignarsi fortissimo. E tutto solo aprendo l’homepage di Repubblica.it. Ciò nonostante, nessuno ti prende sul serio. E non puoi dire di essere stanco, perchè nessuno ti crederebbe. E non puoi dire di non aver voglia di uscire di casa, perchè nessuno ti capirebbe. E non puoi lamentarti del traffico, del tempo, delle merde di cane, degli sbirri o dei negri, perchè nessuno ti prenderebbe sul serio. Perchè lavori in casa. Sei come un bambino di otto anni. Il grosso problema del telelavoro è che ti toglie il diritto a lamentarti in pubblico. Se ti deprimi (e ti deprimi di sicuro), te la devi cavare da solo. Non fai più parte dei ‘normali’, appartieni ad una specie di setta sfigata. Come i metallari o i fornai. Ed è allora che scopri i forum ed i blog ed inizia la fine dell’individuo.

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La Piazza s’ingrossa

Quando ormai l’aria si stava facendo irrespirabile, essendo il caldo asfissiante il principale elemento giunto in Spagna sulle ali del vento del Nord Africa, le forze di polizia, supportate dalle forze di pulizia, hanno finalmente dato una ragione di unità agli indignati. Questa mattina Plaça Catalunya è stata sgomberata, ufficialmente per ripulire il piscio e confiscare oggetti potenzialmente pericolosi in vista della finalissima di Champions. Si, proprio il partitone è stato il casus belli. Domani sera si prevede infatti parecchia umanità nei pressi del centro e l’ecumenismo di uno schermo gigante non lo si poteva proprio negare. I giovani e meno giovani, punkabbestia e ‘perroflautas‘, hanno però resistito eroicamente e recuperato le posizioni perdute (adeguatamente sterilizzate dalla nettezza urbana) dopo una discreta battaglia. Una bella scaricha di adrenalina che servirà per proseguire convinti con l’occupazione, annunciata almeno fino al 15 di giugno, a conferma che gli indignati hanno ragione: non c’è lavoro. La mia ragazza, esponente di punta dell’anarchismo (qualunquismo, si direbbe in Italia) spagnolo è passata nel giro di poche ore dallo sfottò generazionale, all’appoggio incondizionato e barricadero. Le è bastato individuare lo storico nemico in divisa. Senza gli anti sommossa saremmo infatti come Indiana Jones senza i nazisti. Ho registrato lo stesso fenomeno anche presso moderatissimi e pettinati elettori storici del Partito Socialista, che, di fronte alla Reazione, hanno abbandonato lo scetticismo e risposto presente. Ci voleva, insomma. Per serrare le fila ed aumentare (di parecchio) gli effettivi. Mentre scrivo i vicini alle finestre del borghesissimo quartiere ci stanno dando dentro con le pentole, col risultato di mandarmi il gatto in stato di shock. E’ probabile che stanotte si verifichino nuovi scontri. L’ordine pare quello di liberare il campo prima della finale. Nel frattempo, il PSOE, dopo la batosta più che annunciata ai seggi, si prepara alle primarie nazionali ottenendo la rinuncia alla candidatura giovane e femminile (ma col grave difetto di essere catalana) di Carmen Chacón, l’unico avversario credibile dell’attuale ministro degli interni, l’organicissimo Alfredo Pérez Rubalcaba. Primarie senza candidati quindi, in perfetto stile Pd (prima maniera). Vatti a fidare dei rossi. Se il PP è la densa unione tra ultraliberisti, conservatori nostalgici di Paquito e seguaci dell’Opus Dei, il PSOE è l’elefantiaco partito-stato, che ha governato per 22 dei 30 anni di democrazia. Zapatero gode, da tempo, di una disistima trasversale che manco un Nicola Mancino. Prima di essere investito dal collasso del credito, ha proseguito senza batter ciglio la politica delle casette a go-go, il laicismo esibito come vessillo identitario è finito per diventare pretestuoso, oltre che insufficiente a connotare una linea di governo, ed il merito indiscutibile di aver ridimensionato di molto i partiti indipendentisti ed autonomisti baschi e catalani rischia di rivelarsi effimero. Plaza Catalunya non è Piazza Tahir e non lo sarà mai, ma comincia ad assomigliare a Piazza Syntagma. D’altra parte, ragioni per arrabbiarsi parecchio ce ne sono, anche senza i celerini. Ed in fin dei conti c’erano anche in pieno miracolo economico (fino a quattro anni fa, non cinquanta), quando la ‘democrácia irreal‘ era la stessa di ora, ma si accedeva tutti allegramente al mutuo facile e nessuno si sentiva minacciato dal cetriolo globale. Lo puoi scansare e rimandare, ma prima o poi ti colpisce. E’ ciclico, come le finali di fúsbal, in cui tifo sempre per la stessa squadra, rossa come il demonio.

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Provaci Ancora, Silvio!

  • S.B. – Eeeee…. ciao, si si, sono io, si … eeee… niente, ti volevo dire sta cosa della dittatura dei magistrati eccetera, no?
  • B.O. – Cazzo dici?
  • S.B. – Si, insomma, i magistrati comunisti che fanno il golpe, gran menata….. eeee…. quindi, si beh, pensavo che forse potresti dire una parolina… oooo…. non so, farci anche un foto, che a te ti credono sempre, dai… che sei così americano. E sei anche un bel ragazzo, lo sai? Ah! Quello che non combinavo io alla tua età! Bei tempi… E non tornano più, sai? Oh, poi anche la cosa del cadavere in mare è stata mitica, bravo! Allora ci conto eh? Dai, dai, che ti costa? Lo sai che faccio sempre quello che mi dici, gran casini non te ne pianto mica. Anche con la tua tipa, no? L’ultima volta son stato fermo, dai, dai, dai, dai, dai…
  • B.O – Sparisci sgorbio
  • S.B – Negro
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Lo schizofrenico

Per molti anni, da quando lo frequentiamo, lo abbiamo considerato astuto, malvagio, luciferino, bugiardo e disonesto. Facciamo per i primi 14 anni. Adesso però è un’altra cosa. Siamo evidentemente di fronte ad una patologia. Che non è il semplice (e pur buffo) satirismo senile, ma un quadro clinico chiaro, serio e non nuovo alle leadership politiche che si avvicinano alla fine:

Raccogliendo banalmente i sintomi da Wikipedia (per la diagnosi non occorre che si manifestino tutti, ma, a seconda dei casi, è sufficiente che ne siano rintracciabili un paio):

Forse non abbiamo più posto per la pietas, ma quest’uomo è stato lasciato solo, allo sbando. Mentre avrebbe tanto bisogno che una mano amica lo accompagnasse all’uscita.

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Spanish Revolution

Dopo molte resistenze ho ceduto al senso di responsabilità verso la Storia che ci scorre tra le gambe e mi sono intrufolato tra i giovani rivoluzionari di Plaza Catalunya, a Barcellona. Mi sforzerò di scrivere un post non eccessivamente reazionario, ma non sarà facile. I giovani pare abbiano rispettato le consegne della Giunta elettorale spagnola e, durante la giornata di riflessione che precede le elezioni amministrative di domani, non si sono dispersi, ma hanno guardato silenzio. Certo, bisogna intendersi sul concetto di silenzio, perchè io di bonghi e caceroladas (colpi ossessivi contro pentole di metallo), ne ho sentiti parecchi. La Piazza era piena, ma non tracimava sulle vie laterali. 8.000 secondo la questura, 20.000 secondo i manifestanti (tutto il mondo è paese). Fonti affidabilissime mi assicurano però che per il concerto di Manu Chao ce n’era almeno il quadruplo. Ma non ci si fermava a dormire. In ogni caso, per un paese molto meno piazzaiolo dell’Italia, si tratta senz’altro di un successo. La polizia si è mantenuta al margine, qualche strada più in là, con i blindati che attendevano chissà quale ordine, che poi non è arrivato. Forse si sperava nell’apocalisse. Nessuno comunque si è messo ad urlare smandibolando schiuma. Nessuno ha ceduto alla tentazione di fare ‘Fiessssstahhhhh!’. Forse solo qualche ammerigano in vacanza o in erasmus o quel che è. Molte rose fra i capelli, cucina da campo (perchè alla rivoluzione si va mangiati) e gente in maschera. E ragazze, come sempre, bellissime. In generale, mi pare di poter dire che le rivoluzioni le determinano le polizie e gli eserciti. Questa simpatica e pacifica piazza, infatti, se lasciata manifestare indisturbata, non potrà che trasformarsi nell’ennesima attrazione turistica del centro. Molti striscioni esposti ne tradivano già il timore: “Non guardarci, unisciti!“. Almeno un terzo dei presenti era in effetti lì per scuriosare, sbirciare qualche scollatura e miscelare alcolici scadenti. “Questo non è un botellón!“, assicuravano preoccupati i pochi oratori inascoltati ed inascoltabili (per ragioni tecniche e di decenza) dal palchetto allestito in mezzo alla piazza. Senza uno sgombero, una reazione autoritaria ed inammissibile da parte dello Stato, che legittimi la parola rivoluzione, questi giovani se ne torneranno presto a casa loro, convinti magari di aver fatto un ’68. E purtroppo sarà anche vero, nel senso che poi diventeranno come Red Ronnie. Tra gli slogan più riusciti: “Dov’è la sinistra? In fondo a destra”. Ma c’è anche chi inneggia al “Pueblo unido, che jamás será vencido“, che gridato con la pronuncia e l’accento giusto può ancora suscitare un sincero brivido presso generazioni fortunatamente immuni dagli Intillimani. I tipici ‘pakibeer‘, i pakistani che vendono le lattine di birra Estrella ad un euro, sono una delle componenti sociali più rappresentate. Senz’altro progettano la destabilizzazione dell’occidente a colpi di lattine molotov. Incidenti comunque non se ne sono visti, a parte un piccolo capanello di persone che ha accerchiato un paio di infiltrati del servizio segreto libico che, approfittando della ressa, serpeggiavano fra la folla smazzando i culi delle giovani rivoluzionarie. L’igiene, personale e civica, non è rivoluzionaria, si sa. L’odore di piscio era più pungente del solito, in una città che scorre sulla birra. Il movimento spagnolo, a grandi linee, si nutre principalmente ed inevitabilmente dell’anarchismo strutturale che anima da sempre tutte le forme antagoniste di questo paese, incoraggiate, certamente, da una legge elettorale ad escludendum che alimenta l’astensione. Non mi pare però che, per ora, ci sia una gran voglia, o possibilità, di reale partecipazione, quanto piuttosto di visibilità e di autoriconoscimento generazionale. Ci si conta. E’ comunque un passo avanti, ma il caos, al momento, regna ancora sovrano. Ecco, più che Grillo, il riferimento italiano per la Spanish Revolution, attualmente potrebbe essere il Pisapia in salsa Forzaleghista. Il Pisapia matto che regala la città ai centri sociali, il Pisapia che rulla con il fumo degli altri e non la passa neanche.

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Lega Grillo

Eccovi una primissima e scombiccherata riflessione a spoglio ancora in corso (e quindi certamente smentita dai dati reali). Da mesi ci si straccia le vesti dando per scontato che i voti a 5 punt… a 5 stelle fossero tolti alla sinistra ed in particolare al povero Pd Martire. Repubblica, come no, ha schierato tutta la batteria di finissimi anal-isti politici pronti a sostenere la tesi del voto utile contro la Bestia. Grillo, o chi per lui, da mesi ha invece capito che sul fronte sinistro ha già raschiato tutto ciò che poteva e Vendola gli ha pure scippato la ‘narrazione’, costringendolo ad una rapida ridefinizione del campo. Ecco dunque spuntare le sparate anti invasione immigrata a Lampedusa, che tanto hanno scandalizzato le vergini vestali del sacro fuoco progressista, e gli epiteti poco urbani lanciati all’indirizzo del líder di SEL. Risultato? Grillo, oltre a pescare tra astenuti, neoelettori e sciroccati, ha fornito un’alternativa ai molti leghisti villosi e villani, disgustati dal lungo matrimonio di convenienza con Pisello Flaccido. Dai primi dati pare (pare!) che la Lega sia infatti arretrata in tutte le grandi città del Nord (a Milano passa dal 14.4% del 2010 al 9.5%, a Torino dal 10.1% al 6.8%), tutte aree iperinformate ed iperinfoiate di grillismo. A Bologna, dove le 5 stelle strappano un risultato eclatante, ma niente affatto sorprendente (a parte per Repubblica, ovviamente…) il candidato del centro sinistra in realtà non perde niente rispetto a Del Bono e Cofferati, già costretti al ballottaggio. Non sarà quindi che i voti persi dalla Lega siano andati a Grillo, quale naturale erede dell’anima antagonista che fu all’origine della Lega Nord? Ma certamente sbaglio ed Io-Padre-Fondatore (copy Phastidio) mi smentirà con un colpo di barba bianca. Bersani già qualche tempo addietro aveva intuito che il ramo del berlusconismo si può segare solo passando dalle parti di Gemonio. Forse Grillo gli ha fornito la scala per salire sull’albero.

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Zitti!

Pisapia che ruba i furgoni fa il paio con Schillaci che ruba le gomme. I Truci a San Siro oramai non si risparmiano niente ed il marchio di fabbrica è sempre quello, la Curvasud, la Fossa dei Leoni, da Gattuso alla Bat-mamma. Come sempre però il problema non sta nel merito, che non esiste, ma nel metodo. Nel 2008 un fuori onda sorprese Zapatero confessare prima di un dibattito televisivo: “un clima di tensione ci favorisce”. A ‘noi’ socialisti che in Spagna siamo la maggioranza pigra. La buona vecchia strategia della tensione (bassa), insomma. A Milano, invece, l’astensione è soprattutto un problema dell’altro campo, quello che qui è appunto maggioritario. Sono loro che si giocano tutto sul 50+1 e devono sfuggire ai rischi del Solleone e dello scudetto già vinto e festeggiato. Il secondo turno sarebbe un Vietnam, per cui gli serve un bel clima frizzantino per svegliare il gruppone sonnacchioso ed urlargli in faccia: “Oh, panzoni! Guardate che domenica si vota. Staccatevi un attimo da Striscia la Notizia e muovete il culo (flaccido, of course) fino al seggio!”. Pavlov farà il resto e la matita si poggerà dove si è sempre poggiata, senza bisogno di spiegare nulla. Non devono far altro che spararla grossa. Le loro TV diffonderanno il messaggio, Repubblica certamente abboccherà e per coloro che eventualmente avessero problemi di ricezione col DTT, provvederemo noi, al bar, sui giornaletti e sull’internette a farci untori inconsapevoli della stronzata di turno. Ecco perchè, almeno tra noi si dovrebbe fare uno sforzo e per una volta provare a non fargli caso. Veramente però, non come la storia dell’elefante di Walter… Mordiamoci la lingua. Teniamo botta ancora tre giorni. Tutti zitti. Al baretto parliamo d’altro. Evitiamo proprio la politica. Solo cazzate che distraggano la Curva, come quella della Juve che si iscrive al campionato francese e non vince manco quello. Ho la sensazione (immotivata) che stavolta potrebbero esserci arrivati lunghi. Anzi, se proprio dobbiamo parlarne, spargiamo la voce che le elezioni ci sono il 22. Quelli se la bevono.

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Con ottimismo verso la catastrofe

Lo spleen baudelairiano o il male di vivere montaliano hanno smesso d’interessarmi quando avevo quindici anni. La negatività, il lamento ad oltranza mi sono intollerabili. Più passano gli anni, più fatico a sopportare il pessimismo preventivo. Non ho mai sofferto del mito romantico della sconfitta. Del romanticismo, dello sturm und drang mi sono sempre limitato ad utilizzare la parte che faceva rimorchiare. Ma anche questa, passati i brufoli, è svanita come pus al sole.

A miti moderni della sconfitta sportiva come Jean Alesì o Roberto Baggio, ho sempre preferito antipatici vincenti come Michael Shumacher o Alessandro Del Piero. Di Marco Pantani, sono stato un fan sportivo, non un esegeta del mito autodistruttivo. Quando m’imbatto in un biopic sul bello e dannato di turno (uno a caso, tanto hanno più o meno tutti la stessa struttura), mi entusiasmo per la scalata al successo, ma quando arriva l’inesorabile discesa agli inferi, mi deprimo, monta un senso di fastidio che spesso sfocia nel telecomando. Non accetto la sconfitta come catarsi. Mi girano le palle. A me piacciono Ronald Reagan e Michael J Fox, cazzo!

Sono dunque una grandissima merda reazionaria, neoborghese e filofascista? E’ possibile. Certamente sono un miope irresponsabile e difetto di spirito critico.  Anche qui, è certo, ci si da un tono con un po’ di brillante cinismo, di cui in questo paese si abusa (e chi non è in grado di gestirlo farebbe bene ad abbandonarlo), ma il cinismo non centra nulla con la negatività. E’ uno schema interpretativo, non una visione. Un metodo, non una funzione. Si può essere cinicamente positivi. Ho sempre pensato che il pessimismo fosse una conseguenza inevitabile della vecchiaia, come la prostatite. Al contrario, noto come col passare degli anni mi stia capitando esattamente il contrario. E non è che la mia vita proceda spedita sui binari del successo… Fortunatamente anche il virus della coerenza mi è stato risparmiato. Forse mi sono solo rincoglionito prima del tempo. Come Tonino Guerra. Dai Gianni, vieni giù che ti devo massaggiare un po’ i maroni! Tranquillo Gianni, che andrà tutto bene! Non ci pensare al cancro!

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Santi Subito!

In occasione della beatificazione di Karol Wojtyla, la Santa Sede ha reso nota la lista dei futuri beati. Tra molti volti noti, non mancano le sorprese, ne segnaliamo alcune:

1- Gianni Bugno: una classe miracolosa!

2- Raf: dopo Padre Pio e prima di Nichi Vendola, un altro grande pugliese ha ricevuto le stimmate della santità.

3- Giovanni Lindo Ferretti: fulminato a cavallo come Paolo di Tarso (“Parla, Giovanni Lindo, parla!“).

4- Formaggini Tigre: quel buon sapore di Guardia Svizzera è proprio un miracolo!

5- Giuliano Ferrara: fa sempre più cagare, è un miracolo!

6- Augusto Pinochet: dietro ogni grande Santo, c’è sempre un grande Generale.

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Se vedi nero spera

Qualche giorno fa un amico sosteneva che i cattolici fossero ‘sempre meglio’ dei fascisti. Risulta immediatamente evidente come discussioni del genere rientrino a pieno titolo nella categoria ‘fregancazzo’, ciò nonostante, vorrei sottrarre qualche minuto alla mia vita per riflettere sulla questione o, almeno, prenderne spunto. Il post è lungo, noioso, pretenzioso ed inconcludente, ma dopotutto scrivere è lecito e leggere è cortesia.

In Spagna esiste un partito, il PP, che riunisce in un unico bacino elettorale sia i nostalgici di Franco che i seguaci dell’Opus Dei, riproducendo fedelmente la struttura di potere della dittatura. Alla destra del Partido Popular non c’è praticamente nulla, se escludiamo qualche ridicola spora falangista. Questo fattore, unito al centralismo nazionalista che complica qualsiasi alleanza con i soggetti autonomisti di destra, isola il partito fondato dal ministro franchista Fraga. Il PP o vince con maggioranza assoluta o sostanzialmente non può governare. L’esistenza di un partito come questo, (anche) dichiaratamente ed orgogliosamente nostalgico, è resa possibile dalla particolarità della Transizione spagnola, priva di un Piazzale Loreto.

In Italia, al contrario, per quarant’anni si è voluta negare l’evidenza, ed in nome di un generale, quanto ipocrita, antifascismo pseudocondiviso si è simulato il superamento della questione, delegando la sintesi di governo ad una classe dirigente cattolica, che, almeno fino ai primi anni settanta, era diretta emanazione della Curia Romana. In questo modo si è evitato di ammettere che una buona metà dell’elettorato italiano è, ed è sempre stata, più filofascista che filovaticana, ma ha dovuto nascondersi per anni sotto rassicuranti ombrelli scudocrociati. Oggi la secolarizzazione della politica e della società italiana è molto più avanzata di quanto non dimostrino le Binetti ed i Buttiglione, e questo è un bene il cui merito, udite udite, in buona parte è da attribuirsi al buon vecchio Al Capoccione, capace di creare un partito-discarica molto simile al PP spagnolo. E nel Pdl, come nel PP, hanno alla fine prevalso gli animi e le pulsioni autenticamente fasciste, a scapito delle influenze porporate. Meglio B. di Casini, dunque? Io credo di si.

Se proviamo a compiere un esercizio di astrazione che prescinda dall’uomo Berlusconi e dalla sua nota passione per bernarda e lupara, dovremo constatare il fatto che la sua parabola politica costituisce la nostra (buffa) Transizione, arrivata con mezzo secolo di ritardo. Il berlusconismo non è però la fase di passaggio tra prima e seconda repubblica, ma tra dittatura fascista e democrazia compiuta, che passa attraverso l’azzeramento dello stallo cattolico (occupazione vaticana) post-bellico ed il ritorno (dopo la sua necessaria e mai troppo auspicata uscita di scena) ad una contrapposizione politica ed ideologica autenticamente laica. In questo senso è auspicabile che qualcuno in quel campo, non solo Er Caghetta, riesca a non disperdere l’eredità del Pdl, inevitabilmente destinato all’esplosione dopo l’abbandono del suo proprietario, evitando così una nuova opa sulla destra italiana da parte del Vaticano. Naturalmente, gran parte (ma non tutto) di questo processo è stata realizzata in maniera inconsapevole da un uomo che ha fondato il proprio potere quasi esclusivamente sul rapporto fideistico, ma l’aver modellato su di sé le fattezze di un nuovo idolo laico e pagano ha contribuito alla perdita di trascendenza politica e sociale di quello classico religioso. Berlusconi, direbbe Lennon, è ormai più popolare di Gesù.

Tralasciando il piccolo cabotaggio quotidiano, è un fatto che Europa ed Occidente si stiano inesorabilmente secolarizzando. I violenti e sempre più stanchi e distonici colpi di coda delle gerarchie ecclesiastiche non fanno che confermarne il declino. Perfino in Italia dovremo constatare come il peso della Curia sia, certamente ancora presente in larghi strati dell’elite politica ed economica, vedasi le imbecillità alla Giovanardi o alla Formigoni, ma si riveli assai più flebile nelle teste degli elettori, che invece stanno sempre più orgogliosamente rivendicando il loro diritto ad essere fascisti, molto prima che cattolici. Ritengo che il fenomeno sia tutto sommato positivo (e che il mio amico abbia torto), perchè se non altro sgombra il campo da ipocrisie e falsi miti, rendendo il quadro molto più chiaro. Un avversario di carne ed ossa si può battere ed abbattere, mentre affrontarne uno totalmente irrazionale, uno e trino, ubiquo ed immaginario è molto più complicato. Nanni Moretti già in passato si mostrò buon profeta, chissà che anche il suo ultimo vaticinio non finisca per avverarsi.

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5 Verticale

Il disordine del cuore sfregia i piccoli“:

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The Show Must Go On

Niente. Anche questa è andata. Non che ci si sperasse molto, ma cosa vuoi, un miracolo ci può sempre scappare. E invece no. Ora poi ci toglieranno pure lo sfizio della sfilata di maiale in tribunale. Egoisti. Io comunque voglio essere ottimista e coltivo una segreta speranza. L’uomo infatti è incorreggibile. E’ vero che ormai le ha combinate tutte. Ha corrotto, rubato, armeggiato con la mafia, copiato libri, smadonnato, scopato le bambine (nazionali ed extra), manca solo che si spippi un bel cannone in parlamento. Tanto l’ha capita che non lo prenderanno mai. Direi perfino che lo faccia apposta per verificare il livello d’intoccabilità raggiunto. L’ha anche detto, in effetti. E’ il suo viagra psicologico, la lotta gli serve per non invecchiare. Prima della quiete quirinalizia, gli restano due anni di legislatura per ballare ancora. Certamente il telefono questa volta lo eviterà, ma qualcosa ci può scappare comunque. Io punto sul gesto folle. Che si metta a cagare sull’Altare della Patria. O che cominci a stoccazzare un bambino durante un funerale di stato. O che accoppi qualcuno a fucilate dalla sua barca (ah, no, quello l’hanno già fatto). Insomma, qualcosa s’inventerà. Ne sono certo. Perchè lo showman teme solo una cosa: annoiare il suo pubblico. Ghedini dunque stia sereno, avrà ancora da lavorare. Tranquilli ragazzi, ci si vede alla prossima.

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Il Simpaticissimo

Mica male questa trovata della Costituzione letta a passetti dal Pd. Mi ha ricordato tanto la scuola, quando ti preparavi solo il pezzo di lettura che sapevi ti sarebbe toccato e trascuravi tutto il resto. E poi, dai, finiamola di prenderli sempre per il culo. Che come si muovono li fulminano da tutte le parti. D’accordo, non serve a niente, come sempre, ma che ci vuoi fare? E poi comunque non m’interessa. Io volevo dire un’altra cosa. Volevo parlare di Massimo. Come ha scritto un attento cronista del Post: “D’Alema ha la rara capacità di utilizzare un tono sarcastico anche leggendo la Costituzione”. Il suo intervento è stato fantastico. L’unico tra i notabili (Fioroni ci prova, ma a lui cadono gli occhiali e a noi i maroni) a premettere e postillare sagacemente la lettura del suo articolo, l’87 , tracimando anche nell’88 (l’89 no che è stato un anno brutto). A me D’Alema fa ridere. M’immagino quanto sarà stata dura convincerlo: “Dai Max, è una figata!”, “No, ragazzi, per favore, è una cazzata, io mi vergogno. Che volete? Che gli vado a menare? Mi levo gli occhiali e vado”. Poi sono pure disposto ad ammettere che ci sia la sua Ombra dietro lo tsunami giapponese, che Andreotti non sia mai esistito e sia invece un travestimento decennale dell’uomo di Gallipoli, che la Franzoni abbia seguito la linea obliqua dettata dal líder Máximo, o che in realtà non sia Massimo D’Alema, ma Paolo Berlusconi. Vi concedo anche che abbia sistematicamente e colpevolmente cannato tutte le tattiche e le strategie dell’Universo Mondo. Dallo sbarco in Normandia (stava con i tedeschi), a Vecchioni a Sanremo (stava con i Modà). Eppure, umanamente mi risulta proprio simpatico. Di una simpatia un po’ perversa, per addetti ai lavori. Alla Cossiga, per intenderci. Certo, non dispone di un’empatia popolare come quella del tipo che telefona in zona onirica alle questure o che paga le puttane perchè non facciano le puttane mentre fanno le puttane, con lui. La simpatia in politica non serve? Neanche questo post o questo blog, e allora? Io comunque andrei molto più volentieri a cena col Massimo che con i pallosissimi giovani smart col maglioncino . Sarà la vocazione minoritaria. Ora potete pure tirarmi pane e cicoria.

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De Bello Gallico

Secondo la Lega, che del buttafuori ha proprio la vocazione, e secondo Repubblica, che se c’è da montare la panna ha sempre il frustino in mano, siamo in guerra contro la Francia. O, per lo meno, ci siamo molto vicini. Ovviamente, alla notizia, il mio noto orgoglio patriota s’è subito infiammato. Imbraccio dunque il moschetto e mi avvio sui sentieri digitali per spiare il nemico, mi dico. Internet fortunatamente permette di monitorare il polso delle operazioni belliche, senza scomodare Mata Hari. Così mi reco sulle homepage di LeMonde, Libération, Le Figaro, per capire come questi odiosi mangiarane stiano manipolando la realtà. Sorpresa!  Sgomento! Dalle colonne giacobine, della guerra al Belpaese neanche l’ombra. Non un trafiletto, non un boxino fotografico. Censura! Forse ci temono, i conigli. Cerco quindi testimonianze della tragica realtà su organi neautrali ed esterni alla bagarre transalpina. El País, El Mundo, The Times, The New York Times, Frankfurter Allgemaine. Niente, Rien, Nada, Nothing, Nichts. Allora mi ricordo di quel bel tomo del Franchino, che da qualche giorno pare aver perso il dono della parola, dopo averne abusato oltre ogni decenza. Anche il suo fatidico asse Roma-Gemonio-Berlino non trovò la giusta risonanza da parte dei giornalai demogiudoplutocratici stranieri. Insomma, un piede oltre Ventimiglia, già non ci si fila nessuno. E dire che quest’anno si tornava pure all’Eurofestival. Dev’essere senz’altro un gomblotto globbale. Ripiego allora sui più confortevoli confini interni. Santissimissima Romana Chiesa infatti è sul pezzo. Affronta con il consueto spirito missionario la Grande Invasione e si allea con noialtri contro il perfido nemico gallico: “i negri dan fastidio, ma ce li dobbiamo tenere”. Parole Sante. E chiare, finalmente. Che quando c’era Mosè, con il faac per aprire e chiudere i mari, gli africani mica ce la facevano a lasciare il continente nero. Bei tempi quelli. Poi sono arrivati quei busoni dei romani e tutto è andato a scatafascio. Non si ripeterà, noi non ci arrenderemo! E comunque il latte nostro nun ve lo damo! Vabbè va, beato chi soo fà er sofà.

 

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Cervelli da lavare

Lampedusa è come L’Aquila. Sarà il terzo versetto (satanico) della litania sui numerosi successi berlusconiani. Verrà immediatamente dopo la monnezza ed il terremoto. Oggi L’Unto si presenterà sull’isola con il cuore in mano (attenzione al vestuario ad hoc che certamente adotterà), cercando di vendere di nuovo le sue usuratissime pentole. Ci riuscirà anche stavolta. Anche senza il buon vecchio Guido. Soltanto un mese fa, il Presidente del Consiglio Umberto Bossi, in uno dei suoi momenti di provocatoria sincerità kossighiana, confessò: “gli immigrati ci portano voti”. Oggi è invece venuto il tempo del nuovo apprezzatissimo copy “Fora di ball“. Obiettivo: in assenza totale di argomenti, ricompattare le fila di una base (che ormai va ben al di là dei confini elettorali leghisti) abbastanza nauseata dalle frequentazioni marocchine dell’Imbonitore. E’ un perfetto lavoro di squadra tra poliziotto buono e poliziotto cattivo. L’emergenza immigrazione non è un’emergenza, è l’unica cosa realmente preparata, studiata e realizzata con cura da questo Governo inerte, del tutto incapace di proporre un programma alternativo alla paura ed al ripegamento. Le tragedie umanitarie sono il deus ex machina di questa banda di pericolosi ignoranti al potere. Il Ministero della Propaganda fabbricherà news on demand con badilate di rimpatri coatti, immagini dell’isola apparentemente sgomberata, nasconderà i migranti sotto il tappeto ed il successo alle amministrative sarà garantito. Poi, fra qualche tempo, sui blog e sui giornali di opposizione si scoprirà che era tutto un bluff, che non avevano risolto niente, che la notte degli sbarchi c’erano imprenditori legati al vaticano che “ridevano” e allora toccherà sorbirsi pure una puntata di Forum con un lampedusano doc che giurerà solennemente come gli unici stranieri ormai presenti sull’isola siano pallidissimi e danarosi vichinghi. Ci indigneremo fortissimo tra di noi, ma avremo perso un’altra volta.

Update: Ecco, è arrivato. Era in camicia blu senza cravatta (la toglie sempre quando indossa i panni dell’Uomo del fare) ed ha dichiarato: “Prometto una nave sempre a disposizione, fondi straordinari, un piano di rilancio turistico e la moratoria fiscale e previdenziale“.

E poi: “Ho comprato casa qui, sarò anch’io lampedusano“. (E ci porto le troie…)

Infine, l’immancabile colpo ad effetto in chiusura: “In Cdm valuteremo candidatura di Lampedusa a Premio Nobel per la pace“.

Potranno anche bombardare all’infinito, ma a questo punto la colpa è di chi ci casca ancora.

 

 

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Eja, Eja, Eja, Alalà!

Per risolvere il fastidioso impiccio scoppiato nell’irrequieto Governatorato Generale della Libia, il Glorioso Camerata Galeazzo Frattini beffa e ghigna la boriosa Francia, forgiando nel fuoco sacro della Storia un granitico piano italo-tedesco. Un Asse, diciamo. La tettonica a zolle, canaglia e sgualdrina, che ha (momentaneamente) spezzato le reni al fiero alleato nippone, non frenerà il nostro ardore rivoluzionario! Le radici profonde non gelano mai! In alto i cuori!

Ora che qualcuno lo comunichi anche all’amico teutone, che per ora stenta a recepire.

Una democrazia è forte quanto i suoi media” – Nuova campagna pubblicitaria di ARD e ZDF, le televisioni pubbliche tedesche.

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Scilipop

Per quanto mi riguarda, le interviste di Antonello Caporale alla pletora di avventurosi ominicchi che albergano la legislatura più grottesca della storia patria sono il genere più rappresentativo della cultura popolare italiana di questo inizio di millennio. Esattamente come lo fu il neorealismo nel secondo dopoguerra. Da oggi la Repubblica dispone di un nuovo, sfavillante e responsabilissimo Ministro dell’Agricoltura (e pure di uno della Kultura, che è anche peggio del precedente…), il quale Signor Ministro è indagato ‘solo’ per corruzione e concorso esterno in associazione mafiosa. Ecchessarámmai! Ma è il contesto della sua nomina che è stato spettacolare, letteralmente spettacolare. Già perchè questa gente si distingue per una sensibilità artistica e ludica notevole. Non le importa solo la sostanza (quella marrone che esce dal retro), ma anche la forma, in cui sono maestri assoluti. Oggi, per dire, i seguaci di Danny DeVito, paladino dell’agopuntura libera, si sono imboscati nei cessi di Montecitorio in attesa della nomina del loro rappresentante al Governo, esattamente quando in Commissione Giustizia si votava per il conflitto di attribuzione sullo zoccolagate ed il loro voto risultava, guarda caso, decisivo. Insomma, tenevano per le palle flaccide il Supercapo. Nel momento esatto in cui arrivava il segnale della missione compiuta, con la nomina del neoministro Saverio Romano, sti sorci saltavano fuori da sotto il tavolo al grido di “v’eemo fatto cagà sotto!“, e tornavano in commissione per votare secondo quanto pattuito (e retribuito). Che poi uno si chiede: ma non ci saranno i termini per un’azione penale? O forse sarebbe meglio un’azione militare…

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Cambi di Ombrello Primavera/Estate 2011

21/3/2011Frattini: “Tempo di passare sotto ombrello Nato”

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